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La voce


Non mi è chiaro dove mi trovo, credo di essere nello spiazzale di un autogrill. Entro dentro al bar, ordino un caffè ma non lo bevo perché trovo nella tazza enormi formiche che mi disgustano.

Esco dallo squallido locale e un cane, che inizialmente sembra innocuo, mi abbranca da dietro artigliandomi i testicoli. Non mi lascia. Urlo così forte da scorticarmi la gola, sento i suoi denti strizzare la carne.

Mi sveglio con le mani tra le gambe e la sensazione di dolore ancora viva.

Guardo i numeri rossi sul quadrante nero della mia radiosveglia, sono le tre del mattino.

Esco da casa in cerca di qualche locale dove bere qualcosa e poi andare a dormire, ma è tutto chiuso e deserto, sembra che siano tutti morti in questa città agonizzante.

Resto lo stesso in giro a respirare l'aria fresca della notte ... Stop ... Rewind ... Play ... Resto lo stesso in giro a respirare l'aria avvelenata della notte. Già perché quegli stronzi della Mab Oil la notte scaricano il triplo delle loro schifezze in cielo, e forse anche in mare.

Pensano che da addormentati nessuno possa accorgersi del veleno che rilasciano nell'aria. Ma io sono sveglio bastardi! Lo sento quel veleno entrarmi nei polmoni, bruciarmi nelle narici, guastarmi il sangue ed i pensieri. Vorrei uccidervi. Uno ad uno. E vorrei eliminare anche quei porci politicanti che prima le hanno fatte costruire, poi vi hanno messo a capo di quelle fabbriche di merda e vi manovrano come pupi di pezza. E vorrei eliminare solo l'idea che una delle coste più belle al mondo non possa mai più tornare com’era nei ricordi dei vecchi: libera dal cemento, dal petrolio, dalle vasche maleodoranti, dalle ciminiere.

Vi uccido, porci!

Il mio sguardo si posa su un'insegna al neon, salumeria c'è scritto, dentro il locale non c'è più niente e il mio amico, G, ha dovuto mollare perché il nuovo centro commerciale ha fagocitato anche lui e il suo negozietto; così è andato a cercare lavoro lontano da casa, perché a lui un posto in quel centro non glielo avrebbero mica dato, non aveva il diploma lui ... Stop ... Rewind ... Play ... a lui un posto in quel centro non glielo avrebbero mica dato, non aveva leccato il culo a quel mafioso di P, lui.

Immerso in queste misere considerazioni, considero il futuro per quello che mi appare oggi, senza alcuna prospettiva e senza alcun foro da cui possa filtrare un po' di luce. Stanotte potrei perfino uccidere, sento la rabbia prepotente impadronirsi di me come un demone dentro il corpo di un'innocente ragazzina.

Cammino da solo per le strade della mia città morta.

Sento urlare qualcuno. Allungo il passo cercando il punto preciso da cui provengono quelle urla disperate. In un angolo buio e nascosto vedo tre balordi braccare una giovane ragazza bionda e un po' slavata, pelle bianchissima ed occhi flosci, forse rumena o polacca.

Uno dei tre mi vede e mi dice: – sloggia sfigato, non c'è spazio per te, l'abbiamo trovata prima noi! –

Li guardo, mi danno le spalle, le mani addosso alla ragazza seminuda accovacciata per terra che urla aiuto a me e al mondo con quegli strani occhi.

Uccidili! – mi ordina una voce da dentro.

– Non mi hai sentito sfigato? Sloggia! Aria! O ti ammazziamo e poi andiamo a divertirci anche con tua moglie. –

– Non ho una moglie, non ho nessuno io. –

– Vattene stronzo! Altrimenti sfondo te al posto di questa troia! –

Mi giro e vado via lasciandomi alle spalle quegli occhi dolci, e le urla disperate.

Torna e uccidili! – ripete la voce.

Mi fermo. Raccolgo delle pietre, quattro sampietrini belli grossi che gli operai della manutenzione delle strade hanno lasciato lì in attesa di essere rimessi a posto, mi tolgo le scarpe, sfilo le calze e ne utilizzo una per ficcarceli dentro, ce ne stanno soltanto due. Afferro la calza a mo' di fionda, la faccio roteare sopra la mia testa come un antico fromboliere persiano e comincio a correre con gli occhi iniettati di sangue.

I due che stanno addosso alla ragazza si accorgono di me solo perché sentono il crac sordo della testa fracassata del loro ormai ex compare. Guardo il cranio completamente sfondato di quel corpo ormai senza vita.

Uccidi anche gli altri due!

Lancio la mia arma verso l'altro balordo, lo colpisco in pieno volto. Crac! Naso rotto, occhi sfondati, si accascia come un burattino. Il terzo fugge impaurito reggendosi su i pantaloni con una mano e parandosi la faccia con l'altra. Adesso è terrorizzato.

Uccidilo!

Lo rincorro, lo raggiungo presto perché corre impacciato a causa dei pantaloni slacciati che gli impediscono i movimenti. Gli faccio lo sgambetto da dietro e cade rovinando sulla strada umida e lercia. Miro alla nuca e con tutta la forza lo colpisco tre, quattro, cinque volte. Il sangue e la materia grigia schizzano dappertutto: sulla mia faccia, sulla strada, sulle auto parcheggiate.

Torno indietro come un automa, la mia calza, pesante e insanguinata, ancora in mano. La ragazza è sempre accovacciata per terra. E piange. Ha paura di me, si vede.

Stop.

– Non capisco, non ero io. Non potevo essere io. E' stato come se qualcuno … o qualcosa avesse usato il mio corpo e le mie braccia. E la mia rabbia. –

Bisbiglio appena. La ragazza mi guarda incredula ed impaurita.

– Tu deve scappare. Tra poco arriverà polizia. Io non dirò niente che tu ... che tu … –

Ha un forte accento straniero e non è poi così slavata. Quegli occhi flosci, e dolcissimi, sono di un meraviglioso ed intenso azzurro.

Mi siedo accanto a lei e chiamo la polizia.

E aspetto.


Copyright © 2013 Mauro Tavano


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