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Domani


Il buio. Gli occhi chiusi ed il corpo inerte. Una voce:


– Papà! Papà! Riesci a sentirmi? –


Sì, lo sentiva. Ma non riusciva a fare il benché minimo movimento e non poteva aprire gli occhi. Cominciò pian piano a spostarsi, leggero, verso l’alto e vide corse concitate attorno a sé, e pianti, e urla, e abbracci. Gli tolsero il pigiama e lo vestirono di tutto punto. Che strano, gli misero lo stesso vestito che indossò al matrimonio del figlio. Sperava tanto che si ricordassero di rasargli il viso, la barba lunga non la sopportava proprio.

Non lo rasarono. Gli misero, invece, uno strano fazzoletto attorno al mento e capì che se ne stava andando.

Si stava addentrando in un altro mondo, forse un’altra dimensione. E cominciò il suo volo. Volò a ritroso nel tempo e si vide più giovane, si vide in divisa da marinaio, vide i suoi capelli neri, i suoi pantalonacci sdruciti, i tanti giorni sprecati, e i rimorsi, e le speranze; vide un giovane amore, e dei ragazzini urlargli contro ingiurie pesanti e ingiuste, e la sua rabbia condensarsi fino a diventare odio, puro odio; vide sua madre e suo padre felici ed ansimanti il giorno in cui lo concepirono, e li vide adolescenti persi nei loro sogni, e li vide bambini, dentro spiegazzati grembiulini neri. Mentre volava teneva gli occhi chiusi, attorno a se una nebbia lattiginosa; c’era freddissimo, un freddo che non aveva mai provato prima. Gli vennero in mente le cose che avrebbe potuto fare nella sua vita e che non aveva mai fatto, capì ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. Gli scese addosso una tristezza infinita, perché ormai era troppo tardi per recuperare il tanto, troppo, tempo perduto. O forse no? Con una forza di volontà che non si conosceva cercò di fermare il suo volo; voleva avere un po’ di tempo per riflettere prima che fosse troppo tardi. Vide un bell’uliveto e decise di fermarsi all’ombra di uno di quegli alberi.


Rimase appoggiato al tronco dell’ulivo più grande a dormire per ore; aveva bisogno di riposare, gli ultimi anni di malattia erano stati veramente pesanti e le sue vecchie ossa meritavano di stendersi per un po’. Al suo risveglio accanto a se trovò una donna, un grande cappello a coprirle il volto che, però, riuscì a intravedere: era vecchio, grinzoso, stanco. La donna era lì che lo fissava, lo studiava e sorrideva. Gli disse:


– Buongiorno Jack, ti aspettavo. –

– Chi sei? Sei la Morte? – Disse alzandosi di scatto e allontanandosi impaurito da quell’inquietante figura. –

– Oh, come sei perspicace Jack! Quasi nessuno mi riconosce immediatamente sai? Beh, comunque non è la prima volta che ci vediamo, non puoi ricordarlo ma tanti anni fa ti sono stato accanto quando soffristi di quella brutta malattia infettiva, mi pare fosse malaria. Le cure della tua amorevole mamma si rivelarono più efficaci della mia volontà di portarti via, così me ne andai. D’altronde era solo questione di aspettare un po’… E poi ancora ti fui accanto in quel freddo febbraio del ’43, quando il tuo cuginetto scivolò dal ponte e cadde nel fiume. O era il ’42? Porca miseria con il passare dei secoli la mia memoria peggiora … E ancora quando i tuoi genitori se ne andarono per sempre senza nemmeno salutarti. Siamo amici Jack, non avere paura. –

– Non ho mai avuto paura di te. Però non posso andarmene adesso, devo tornare un momento di là, dalla mia famiglia. -

– Non fare lo stupido Jack! Abbiamo da affrontare un bel viaggio insieme, ci divertiremo, vedrai. –

– Ma io non posso venire con te, devo ancora festeggiare i compleanni dei miei nipoti, voglio abbracciare mio figlio, e mia moglie, voglio tornare con loro al mare, voglio ridere, non posso andarmene ora. Domani! Devo poter ancora dire: domani. Ti prego. –

– Domani? Questa è proprio bella! Per te non esiste più il domani, lo vuoi capire? Tu sei morto, non ti è concesso di restare ancora né di vedere i tuoi cari, i tuoi amici, la tua casa e tutto il resto. –

– Non può essere così. E’ successa quella cosa … Sono riuscito a fermare il mio volo, deve esserci una spiegazione a questo, forse devo finire qualcosa che ho cominciato o forse devo dire cose che non ho mai detto. Sì, forse è così! –

– Oh Jack, sei perspicace, te l’ho già detto, perspicace e intelligente. Sappi che io non concedo mai niente a nessuno, ma giacché ci conosciamo da tanto tempo tollererò un tuo piccolo ritardo. E sia! A presto Jack, ci vediamo … Domani. –


Un vortice lo spinse giù. Volò ad occhi chiusi, attorno a se una nebbia lattiginosa; c’era freddissimo, un freddo che già conosceva. Gli venne in mente cos’è che doveva fare:


– Ciao figliolo, non svegliarti per favore, devo dirti un paio di cose. Innanzitutto questo che tu credi un sogno, sogno non è. Sono davvero io a parlarti e non succederà più in futuro, perché tutte le volte che ti capiterà di sognarmi sarò solo una proiezione dei tuoi stati d’animo, non potrò essere io perché sarò diventato altro. Altrove.

Ti ricordi quell’incubo che facesti da bambino, in cui sognasti quel mio straziante abbandono? Mi ricordo che al tuo risveglio in lacrime ti abbracciai sussurandoti parole dolci, ma non potevo immaginare allora come quel sogno ti avrebbe segnato e avrebbe accresciuto le tue paure più profonde e irrazionali. Ebbene, quello non era un sogno premonitore come hai sempre creduto. Non devi pensarlo, è una stupidaggine, io non avrei mai e poi mai potuto abbandonarti. La morte che mi ha colto adesso è un fatto naturale, non è un abbandono. E’ naturale che i figli vedano morire i propri padri. Fatti coraggio figliolo, sei forte e sarai un sostegno per i tuoi ragazzi così come io lo sono stato per te. Ho un grande rammarico: non poter riabbracciare tua madre, non averle detto abbastanza quanto la amassi.

Il nostro amore è stato unico ed immenso ed entrerà a far parte del tutt’uno che circonda l’infinito, perché è l’Amore che comanda sopra ogni cosa.

Questo volevo dirti figlio, ama come se non sapessi fare altro, ama fino a sentire il fuoco nel tuo cuore, è l’unica ragione per cui valga la pena vivere, è l’unica ragione del nostro esistere. Addio ragazzo. –


Si risvegliò appoggiato al tronco dell’ulivo più grande, la Morte, imperturbabile, lo fissava.

– Buongiorno Jack, hai fatto ciò che dovevi? –

– Mi sa di sì. –

– Sei pronto? –

– Si può mai essere pronti a questa cosa? –

– Beh, nessuno lo è mai stato. Dimmi Jack, cosa pensi che ti mancherà? –

– Non poter più dire … Domani. –


La Morte si girò verso di lui, un ghigno raccapricciante tracciò fitti mosaici di rughe sul volto scarno.

Insieme si misero in cammino.



Copyright © 2013 Mauro Tavano

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